la Lamentela, la Gratitudine: il secondo mantra di Thay, Grazie


Il respiro che respira.
Meditazione seduta o sdraiata


Introduzione alla settimana della Lamentela e della Gratitudine:
il veleno della lamentela e l’antidoto della gratitudine.
“Il diario della gratitudine” 

(ci sono dei problemi di fluidità dell’audio che verranno risolti nei prossimi giorni, grazie per la vostra pazienza)

la Lamentela, la Gratitudine: il secondo mantra di Thay, Grazie
La proposta in queste prossime settimane è di fare insieme una esplorazione altrettanto importante di quella appena terminata sulla “Critica e il Sì alla vita”.

Esploreremo infatti la Lamentela, un’altra energia, un’altra modalità di essere in disaccordo con la vita. Lo stato mentale corrispondente, l’antidoto, è La gratitudine. Ci lasceremo aiutare dal secondo mantra di Thay: Grazie.

Questa settimana, la prima, l’invito è a renderci conto di quante volte ci lamentiamo: siamo in disaccordo, ci lamentiamo di ciò che accade o di lui, di lei, di loro o della “gente”, della nostra salute e anche di noi stessi.

Ci basterà riconoscere la chiusura del corpo , la tensione che si crea nel corpo durante la lamentela , quel NO che risuona anche nel corpo.

Sarà anche naturale riconoscere l’apertura del corpo che accade quando ci rendiamo conto di essere nella lamentela, appena ne usciamo .

Per questo abbiamo disegnato una calligrafia o colorato un’immagine da appendere nella nostra stanza e anche abbiamoraccolto una foglia o un sassolino da portare con noi in tasca per ricordare. Ricordare è il cuore del nostro percorso, ricordare è già risvegliarci a quella spaziosità che così spesso dimentichiamo.

– L’invito per la 1° settimana è il semplice riconoscere con pazienza e con un sorriso indulgente tutte le volte , e scopriremo che sono tante, che ci lamentiamo della vita o degli altri o di noi stessi. Riconoscere e sentire l’eco nel corpo di questo stato mentale.

– Sarà a partire dalla 2° settimana, che proveremo a Fermarci prima, durante o dopo la lamentela… Grazie a tre piccoli coraggiosi respiri riposeremo nel cuore dell’emozione,  respireremo nel cuore del No che stiamo dicendo alla vita.
Ci lasceremo aiutare dal secondo mantra che Thay ci regala:
Grazie

Ci lasceremo anche aiutare dal Diario della Gratitudine, dove annoteremo ogni giorno almeno 10 ragioni per cui essere grati.
 Il diario della Gratitudine,

Questo Lavoro-gioco-esplorazione possiamo farlo proprio perché stiamo iniziando a radicarci nel corpo e questo radicamento, questa riunificazione crea lo spazio per poter guardare e riconoscere con affetto, con gentilezza.

La mente ha una sua inerzia, ha una sua energia che Thay chiama energia d’abitudine. Questa energia, queste energie ci sono state trasmesse dai nostri antenati e dall’ambiente circostante e quindi non possiamo veramente dire che siano nostre per quanto noi si abbia la tendenza a identificarci con i pensieri che queste energie manifestano nella nostra coscienza. C’è stato affidato un regno, c’è stato affidato uno splendido giardino perché noi se ne possa prendere buona cura e questo regno sono i nostri pensieri , le nostre sensazioni, le nostre emozioni e le nostre azioni e questa è anche l’eredità che lasciamo al mondo.

Buona settimana del riconoscimento della lamentela, prepariamoci a grandi scoperte…

Una nuova Fiducia    
meditazione seduta o sdraiata

2^ settimana:    
Il digiuno dal veleno della lamentela.
Il nutrimento della gratitudine

In questa 2° settimana,  proveremo a Fermarci prima, durante o dopo la lamentela… Grazie a tre piccoli coraggiosi respiri riposeremo nel cuore dell’emozione,  respireremo nel cuore del No che stiamo dicendo alla vita.
Ci lasceremo aiutare dal secondo mantra che Thay ci regala:
Grazie

Il cielo della coscienza.  
meditazione seduta o sdraiata

 

Il digiuno dal veleno della lamentela.    
Il nutrimento prezioso della gratitudine.
Presentazione, domande e condivisioni


Essere grati  
di T.Nhat Hanh
Durante una conferenza sulla religione e la pace, un ministro del culto protestante mi si avvicinò verso la fine di uno dei nostri pasti in comune e disse: “Siete una persona riconoscente?”. Rimasi sorpreso. Stavo mangiando lentamente e pensai a me stesso, sì, sono una persona riconoscente. Il pastore continuò: “Se siete veramente riconoscente, come fate a non credere in Dio? Dio ha creato ogni cosa di cui noi godiamo, compreso il pasto che consumiamo. Dal momento che non credete in Dio, non siete per niente riconoscente”. Pensai a me stesso, mi sentivo estremamente riconoscente di ogni cosa. Ogni volta che tocco cibo, quando vedo un fiore, quando respiro l’aria fresca, provo sempre un senso di gratitudine Perché costui mi direbbe che non ne sono dotato? Avevo in mente questo episodio molti anni dopo, quando a Plum Village proposi ai miei amici di celebrare ogni anno un giorno del ringraziamento buddhista. In quel giorno ci dedichiamo a praticare una gratitudine sincera: ringraziamo d’ogni cosa madri, fratelli, antenati, amici e tutti gli esseri. Se
incontraste quel pastore protestante, spero gli riferiate che noi non siamo ingrati. Proviamo una gratitudine profonda nei confronti di ogni persona e di tutte le cose.
Ogni volta che consumiamo un pasto, la gratitudine è la nostra pratica: siamo grati d’essere insieme come una comunità, di avere da mangiare e traiamo davvero piacere dal cibo e dalla presenza di ognuno. Proviamo un senso di gratitudine durante il pasto e nel corso della giornata, e lo esprimiamo con la piena consapevolezza del cibo e vivendo
profondamente ogni momento. Questo è il modo in cui cerco di esprimere la mia gratitudine verso tutte le cose della vita.

Meditazione, Rilassamento e Diario della gratitudine
2022 Breve introduzione alla settimana

Meditazione e abbandono, gratitudine per guarire.

Meditazione sì grazie, breve rilassamento.

Rilassamento, sì grazie.


Seconda settimana: nutrire in noi l’antidoto della gratitudine

2022 Meditazione, rilassamento colore

Meditazione prima parte, Permettere

Meditazione seconda parte, Grazie

Rilassamento abbraccio, gratitudine

Passi liberi, il bacio del corpo con la Terra, l’incrocio degli sguardi: Grazie.
Questo pratica è solitamente proposta a più persone, ma essere fatto anche singolarmente con l’aiuto di uno specchio.

“Non discriminazione, la storia della mano destra e della mano sinistra”
Premi sull’immagine per leggere la Storia della mano sinistra e della mano destra, e prendi tre bei respiri mentre si apre il PDF.
un Racconto illustrato per grandi e bambini:


La saggezza della non discriminazione,

Thay ci racconta la storia della mano destra e della mano sinistra

Ti capita mai di essere frustrato?


Come posso smettere di comportarmi da vittima?

Il sutra della seconda freccia

Il sutra della seconda freccia

Con un’immagine indimenticabile, questo insegnamento ci aiuta a distinguere le piccole o grandi difficoltà della vita da ciò che vi costruiamo sopra, moltiplicandone l’effetto e prolungandolo:
“la nostra reazione, la storia che ci raccontiamo, la nostra ansia.
Una parte dell’arte di soffrire bene consiste nell’imparare a non ingigantire il nostro dolore lasciandoci trascinare da rabbia, paura e disperazione.”
(Thay, Pratiche di consapevolezza cap. 4)


il sutra della freccia    
Sallasutta, SN 36

“O monaci, l’uomo ordinario che non ha ricevuto gli insegnamenti spirituali sperimenta sensazioni piacevoli, sensazioni spiacevoli e sensazioni né piacevoli né spiacevoli.
O monaci, il nobile discepolo che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali sperimenta sensazioni piacevoli, sensazioni spiacevoli e sensazioni né piacevoli né spiacevoli.
O monaci, qual è la differenza, la peculiarità, il fattore distintivo che esiste dunque tra il nobile discepolo che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali e l’uomo ordinario che non li ha ricevuti?”
Venerabile, per noi gli insegnamenti hanno il Beato come radice, come guida e come rifugio. Sarebbe bene se il Beato stesso volesse spiegare il significato di questa affermazione: udendola dal Beato, i monaci la ricorderanno.”
“In questo caso, monaci, prestate attenzione: parlerò!”
“Benissimo, o Beato” risposero i monaci.
Il Beato disse: “O monaci, l’uomo ordinario quando viene toccato da una sensazione dolorosa soffre, si affligge, si lamenta, piange battendosi il petto, entra in uno stato di grande confusione. Egli sperimenta due tipi di sensazione: una corporea e una mentale.
È come se, o monaci, un uomo fosse colpito da una freccia e subito dopo fosse colpito da un’altra freccia: così, o monaci, egli percepirebbe i dolori di due frecce. Allo stesso modo, o monaci, l’uomo ordinario, che non ha ricevuto gli insegnamenti spirituali, quando viene toccato dalla sensazione dolorosa soffre, si affligge, si lamenta, piange battendosi il petto, entra in uno stato di grande confusione. Egli sperimenta due tipi di sensazione: una corporea e una mentale.
Percependo quella sensazione dolorosa, quell’uomo prova avversione verso di essa. Provando avversione nei confronti della sensazione dolorosa, in lui la tendenza dell’avversione nei confronti della sensazione dolorosa si accresce. Toccato da quella sensazione dolorosa quell’uomo cerca gratificazione nei piaceri dei sensi. Perché questo?
Ma perché, o monaci, l’uomo ordinario che non ha ricevuto gli insegnamenti spirituali non conosce alcuna via di fuga dalla sensazione dolorosa eccetto il piacere dei sensi. E cercando gratificazione nei piaceri dei sensi, in lui la tendenza all’attaccamento nei riguardi della sensazione piacevole si accresce.
Quella persona non conosce, secondo realtà, l’origine e il decadere di queste sensazioni piacevoli o spiacevoli; non conosce la soddisfazione e l’insoddisfazione a loro connesse, né conosce alcuna via di fuga da esse. Non conoscendo, secondo realtà, l’origine e il decadere di queste sensazioni, la soddisfazione e l’insoddisfazione a loro connesse, né alcuna via di fuga da esse, in lui la tendenza all’ignoranza nei confronti delle sensazioni si accresce.
Se quest’uomo percepisce una sensazione piacevole, la percepisce identificato con essa; se percepisce una sensazione spiacevole, la percepisce identificato con essa; se percepisce una sensazione né piacevole né spiacevole, la percepisce identificata con essa.
Costui, o monaci, viene definito privo di insegnamenti spirituali, uomo ordinario, uno legato alla nascita, vecchiezza e morte, pena, lamenti, disagio, angoscia e mancanza di serenità. Egli è legato, vi dico, alla sofferenza.
O monaci, quando il nobile discepolo che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali viene toccato da una sensazione dolorosa egli non soffre, non si affligge, non si lamenta, non piange battendosi il petto, non entra in uno stato di grande confusione. Egli sperimenta un solo tipo di sensazione, la sensazione corporea, e non quella mentale.
È come se, o monaci, un uomo fosse colpito da una freccia senza essere colpito, subito dopo, da un’altra freccia: così quest’uomo, o monaci, percepirebbe il dolore di una sola freccia.
Proprio allo stesso modo, o monaci, il nobile discepolo che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali, percependo una sensazione dolorosa egli non soffre, non si affligge, non si lamenta, non piange battendosi il petto, non entra in uno stato di grande confusione. Egli sperimenta un solo tipo di sensazione, la sensazione corporea e non quella mentale.
Venendo toccato da quella sensazione dolorosa, egli non prova avversione verso di essa. Non provando avversione nei confronti della sensazione dolorosa, in lui la tendenza all’avversione nei confronti di tale sensazione non si accresce. Toccato dalla sensazione dolorosa egli non cerca gratificazione nei piaceri dei sensi. Perché questo?
Ma perché, o monaci, il nobile discepolo che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali conosce una via di fuga dalla sensazione dolorosa diversa dal piacere dei sensi. Non cercando gratificazione nei piaceri dei sensi, in lui la tendenza all’attaccamento nei riguardi della sensazione piacevole non si accresce.
Egli conosce, secondo realtà, l’origine e il decadere di quelle sensazioni piacevoli o spiacevoli, la soddisfazione e l’insoddisfazione a loro connesse e la via d’uscita da esse. Conoscendo, secondo realtà, l’origine e il decadere di queste sensazioni, la soddisfazione e l’insoddisfazione a loro connesse e la via d’uscita da esse, in lui la tendenza all’ignoranza nei confronti delle sensazioni non si accresce.
Se egli percepisce una sensazione piacevole, non la percepisce identificato con essa; se percepisce una sensazione spiacevole, non la percepisce identificato con essa; se percepisce una sensazione né piacevole né spiacevole, non la percepisce identificato con essa.
Costui, o monaci, viene definito un nobile discepolo, uno che non è legato nascita, vecchiezza e morte, pena, lamenti, disagio, angoscia e mancanza di serenità. Egli non è legato, vi dico, alla sofferenza.
Questa, o monaci, è la differenza, la peculiarità, il fattore distintivo che esiste dunque tra il nobile discepolo che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali e l’uomo ordinario che non li abbia ricevuti.”
Che la sensazione corporea sia piacevole o spiacevole, il saggio non sperimenta una sensazione mentale di attaccamento o avversione: il saggio – dico – che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali.
Tra il saggio e l’uomo ordinario questa è la grande differenza per quanto concerne ciò che salutare.
In un essere che ha realizzato gli insegnamenti spirituali, che ha ben compreso il Dharma, che vede chiaramente questo e l’altro mondo, le cose desiderate non turbano la mente, quelle indesiderate non suscitano avversione.
Per lui attrazione e repulsione sono disperse, hanno raggiunto la fine, non esistono.
Comprendendo lo stato privo di macchia e dolore, egli conosce correttamente e trascende il divenire.

LAMENTARSI, AVERE RAGIONE, DARE TORTO.
Lamentarsi, cercare difetti e reagire sono atteggiamenti che rinforzano i confini e il senso di separazione dell’ ego, elementi questi ultimi, dai quali dipende la sua sopravvivenza. Tali atteggiamenti fortificano l’ ego fornendogli un senso di superiorità grazie al quale cresce vigoroso.
 Anche se può non apparire immediatamente evidente, il lamentarsi per esempio del traffico, dei politici, dei “ricchi avidi” o della “pigrizia dei disoccupati”, dei vostri colleghi, del vostro ex consorte, degli uomini o delle donne può darvi un senso di superiorità. Ecco il perchè: quando vi lamentate, implicitamente siete voi ad avere ragione e la persona o la situazione per la quale vi risentite ad avere torto.
E non vi è nulla che dia più forza all’ ego  più che l’ aver ragione. Aver ragione è una identificazione con una posizione mentale, un punto di vista, un’ opinione, un giudizio, una storia. Per aver ragione, avete bisogno di qualcuno che abbia torto, e così l’ ego ama dar torto a qualcuno per rinforzare il senso di chi siete. Si può dar torto a una persona ma anche a una situazione, reagendo o lamentandosene, il che è come dire che “questo non dovrebbe succedere”. Aver ragione vi pone in una posizione di superiorità morale immaginaria in relazione alla persona o alla situazione giudicata e trovata non all’ altezza. E’ proprio quel senso di superiorità che l’ ego vuole intensamente e grazie al quale si rafforza.
E. Tolle
TUTT’ UNO CON LA VITA
La gente crede di dipendere da ciò che accade per la propria felicità, il che sarebbe come dire, di dipendere dalla forma. Non si rende conto che gli avvenimenti sono la cosa più instabile dell’ universo. Cambiano costantemente. Le persone vedono il momento presente definito da qualcosa che è accaduto, ma che non sarebbe dovuto accadere, o da qualcosa che non è accaduto, ma che sarebbe dovuto accadere. Perdono così la profonda perfezione che è inerente la vita stessa e che è già qui, sempre, e che è dietro a ciò che sta o che non sta accadendo, dietro la forma. Accettate il momento presente e troverete quella perfezione che è più profonda di qualunque forma, e che non è sfiorata dal tempo.
La gioia dell’ Essere, che è la sola vera felicità, non può arrivarvi da nessuna forma, da nessun possedimento, acquisizione, persona o evento, non può arrivarvi da nessuna delle cose che accadono. Quella gioia non può mai ARRIVARE. Proviene dalla dimensione senza forma che è dentro di voi, dalla coscienza stessa, che è una sola cosa con chi siete.
E. Tolle