Presentazione della settimana dedicata all’energia dell’abitudine della
CRITICA/Si alla vita.
Cari amici,
La pratica della fretta-Irrequietudine e della libertà-agio che abbiamo esplorato le scorse settimane ha sicuramente bisogno di più tempo per radicarsi e diventare una buona abitudine. Forse sarà naturale continuarla nelle prossime settimane ogni volta che ci riscopriamo nella fretta.
Passiamo ora alla seconda energia d’abitudine del nostro intenso percorso.
Riconosceremo la Mente che CRITICA l’altro o noi stessi, (una delle forme della Avversione, del No alla vita) indipendentemente dal fatto che la critica sia fondata o no..
Ci basterà riconoscere la chiusura del corpo, la tensione che si crea nel corpo durante la CRITICA., il NO che risuona anche nel corpo.
Sarà anche naturale riconoscere l’apertura del corpo che accade quando ci rendiamo conto di essere nella critica, appena ne usciamo.
Per questo abbiamo raccolto una piccola Pigna o una foglia un sassolino, da portare con noi in tasca per ricordare. Un reminder che ci restituisce Il sorriso e la libertà.
Ricordare è il cuore del nostro percorso, ricordare è già risvegliarci a questa spaziosità che così spesso dimentichiamo.
L’invito per questa prima settimana è il semplice riconoscere con pazienza e con un sorriso indulgente tutte le volte -e scopriremo che sono tante- che critichiamo la VITA o gli ALTRI o NOI stessi. , quel NO che risuona, anche nel corpo diventando tensione.
In questa esplorazione affettuosa e rispettosa avremo un piccolo grande amico, il Respiro,
Un piccolo respiro, una piccola inspirazione, ci accompagna nel sentire, la nuda sensazione fisica di questo momento.
Disinteressarsi per un attimo alle preoccupazioni e…Sentire. Perché a volte siamo completamente pieni di rabbia ma non ce ne rendiamo neppure conto!
Sarà come guardare dalla finestra e vedere che tempo fa ora, in questo istante.
PENSIERO
v———————v
SENSAZIONE FISICA
Una EMOZIONE,( stato emotivo o formazione mentale) è composta di
PENSIERO + SENSAZIONE FISICA.
Stiamo imparando a spostarci dal turbine dei Pensieri alla Nuda Sensazione fisica.
Lasciare andare la storia che la mente ci sta raccontando e respirare nel Sentire, l’atto di coraggio più grande. Un atto d’amore.
Stiamo facendo un lavoro importante, per noi, per le persone care, per tutti.
Grazie per essere insieme.
8/14 Seconda settimana dedicata all’energia della Critica e al nutrimento del Sì alla vita:
-Appuntamento
-Risvegliarsi nella Critica
-Fermarsi
-Sentire, 3 respiri
-Si
Cari amici, stiamo scoprendo quanto dolore inutile, quanta fatica ci sia nel negare la vita in questo istante.
Abbiamo iniziato la pratica del Riconoscere la critica,
Riconoscere quel piccolo ‘NO’ che diciamo a ciò che sta accadendo in questo momento, in noi o fuori di noi, e quanto questo ‘NO’ sia doloroso.
Grazie al lavoro delle scorse settimane possiamo notare la piccola contrazione, la tensione, la torsione che avviene in uno o più luoghi del corpo.
Stiamo a poco a poco imparando a lasciare andare, restituire la libertà a noi stessi e all’altro di essere così come siamo. Ci lasceremo aiutare da un piccolo ‘SI’, questo prezioso mantra che Thay ci regala. Per un attimo la critica incessante su me stesso e sugli altri ha una sospensione : Si.
Nella cartella ” Meditazioni e rilassamenti” troverete meditazioni guidate e rilassamenti che ci accompagnano in questa coraggiosa esplorazione del cuore stesso del disagio dal quale nasce la critica e anche ci aiutano ad attingere a questo prezioso nutrimento, il Si alla vita in questo istante.
Da oggi il nostro percorso conosce una nuova fase nella quale il lavoro settimanale diventa particolarmente ricco e importante, un vero training, un vero addestramento.
Questa settimana l’invito è quello di darsi appuntamento al momento nel quale ci ritroveremo a criticare o stiamo per farlo o l’abbiamo appena fatto. Una volta risvegliati nell’energia della critica con coraggio ci fermiamo e con l’aiuto di tre respiri ci permettiamo di riposare nell’energia, nella sensazione fisica della Critica. Osiamo restare per la durata di 3 respiri là dove la critica si origina. Insieme alla dolcezza del respiro possiamo lasciarci aiutare dal Sì, questo piccolo mantra che Thay ci offre.
È molto importante capire quanto poco la colpa ci possa aiutare in questo percorso di scoperta, di leggerezza e creatività.
Non si tratta di diventare bambini buoni, la critica accade in maniera compulsiva, obbedendo ad abitudini molto radicate, con le quali non ci viene chiesto di lottare.
Come abbiamo fatto per la fretta,
1- ci diamo appuntamento con la critica
2- ci risvegliamo mentre stiamo criticando, lo stiamo per fare o l’abbiamo appena fatto.
3- ci fermiamo se possiamo e ci offriamo 3 respiri
4- lasciamo che la dolcezza del respiro e il Sì sciolgano a poco a poco la tensione.
Quando nasce il disappunto o la critica SENTO, sento nel corpo la reazione, la ferita, l’energia dalla quale nasce la compulsione, il bisogno di criticare, cercando di essere il più accurato e gentile possibile: Dov’è nel corpo la tensione, la vibrazione, la pressione? la nuca, lo stomaco, il plesso, caldo, freddo…
Provo ad abitare, riposare, respirare nel cuore stesso della sensazione fisica, dell’emozione…Si.
Non mi viene quindi chiesto di essere buono, di non avere l’intenzione di criticare, né di corrispondere all’immagine del perfetto praticante spirituale. Neppure si tratta qui se la critica sia giusta o meno giusta, se faccio bene a criticare o faccio male.
Non è facile per quanto semplice quello che ci viene chiesto e proprio per questo, come nelle settimane passate, avremo bisogno di un aiuto: un Oggetto o una Calligrafia che ci aiuti a ricordare questo compito così ricco e impegnativo. Un oggetto da portare sempre con noi in tasca e possibilmente una calligrafia o un’immagine nella nostra casa ben visibile o nel luogo di lavoro. Un bellissimo pretesto per mettere mano a carte e colori.
Riceveremo grandi regali, piccole intuizioni che possono cambiare la nostra relazione con gli altri e con noi stessi. Prendiamo tutto questo come un gioco sacro nel quale non abbiamo bisogno del senso di colpa. Al posto del controllo nascerà un affetto per l’umanità nostra e dell’altro.
Un grande abbraccio e grazie di percorrere insieme questo cammino.
La continuità e l’energia collettiva del Sangha sono ciò di cui abbiamo bisogno per incontrare queste energie potenti e trasformarle.
“Quanno un giudice punta er dito contro un povero fesso nella mano strigne artre tre
dita che indicano se stesso.”
Perché a volte ho la sensazione che tutti siano contro di me?
Virtù della Pazienza e del non giudizio
LA VITA È PIENA DI SOFFERENZA, MA È ANCHE PIENA DI MERAVIGLIE
di THICH NHAT HANH
La vita è piena di sofferenza, ma è anche piena di meraviglie: l’azzurro del cielo, la luce del sole, lo sguardo di un bimbo.
Soffrire non basta, dobbiamo anche essere in contatto con le cose stupende della vita, dentro di noi e attorno a noi, ovunque, a ogni istante.
Se non siamo felici, se non siamo in pace, non abbiamo pace e felicità da dividere con gli altri, nemmeno con coloro che amiamo, con le persone che vivono sotto il nostro stesso tetto. Se siamo felici, se siamo in pace, possiamo sorridere e sbocciare come un fiore, e la nostra famiglia, tutta la società, trarranno beneficio dalla nostra pace.
C’è bisogno di fare uno sforzo particolare per gioire della bellezza del cielo azzurro? Abbiamo bisogno di qualche pratica per goderne? No, semplicemente ne ricaviamo gioia. Ogni minuto, ogni secondo della nostra vita possono essere così. Dovunque ci troviamo, in qualunque momento, possiamo gioire della luce del sole, della compagnia degli altri, della sensazione del nostro respiro. (…)
Possiamo essere in contatto con tutto ciò qui e ora.
Sarebbe un peccato limitare la consapevolezza solo alla sofferenza.
Siamo così occupati che troviamo a fatica il tempo di guardare le persone che amiamo, anche quando siamo a casa, e di guardare noi stessi. La società è strutturata in modo che, anche quando disponiamo di tempo libero, non sappiamo come impiegarlo per ristabilire il contatto con noi stessi. Abbiamo milioni di modi per sprecare questo tempo prezioso: accendere il televisore, sollevare la cornetta del telefono, salire in macchina per andare chissà dove. Non siamo abituati a stare con noi, e ci comportiamo come se non ci piacessimo, come se volessimo sfuggirci.
Meditazione significa essere consapevoli di quello che sta accadendo nel nostro corpo, nelle sensazioni, nella mente e nel mondo. Ogni giorno muoiono fame quarantamila bambini. Le superpotenze dispongono di oltre cinquantamila testate nucleari, abbastanza per distruggere l’intero pianeta, e non una volta sola. Eppure, il sole che sorge è splendido, e la rosa sbocciata stamattina sul muro è un miracolo. La vita è terribile e splendida insieme. Meditare è entrare in contatto con tutti e due gli aspetti.
Non pensate che occorra assumere un atteggiamento solenne: quello che invece ci serve è sorridere molto.
– THICH NHAT HANH, ESSERE PACE –
LA CONCHIGLIA
di THICH NHAT HANH
Intorno a noi abbiamo creato una specie di conchiglia, la chiamiamo sé. Ci isoliamo in quella conchiglia e non ci sentiamo collegati ai nostri antenati, che siano genetici o spirituali.
Guardando in profondità sappiamo che in ogni cellula del nostro corpo non ci sono solo i nostri antenati, ma anche i nostri figli e nipoti sono presenti in ogni cellula.
Quando guardate un albero di limone in aprile o maggio vedete solo fiori e foglie, eppure i limoni sono già lì, non si sono ancora manifestati, ma sono già presenti nelle foglie, nei fiori e così via. C’ è solo bisogno di tempo per assistere alla manifestazione dei limoni. La stessa cosa vale per noi, benchè non abbiamo ancora dato vita a nessun bambino, tutti i bambini sono già dentro di noi e nonostante ciò non ci sentiamo in connessione. Diciamo che non vogliamo bambini, ma i bambini li abbiamo già, proprio in questo momento.
Quando si viene a sapere di essere in attesa di un bambino è già possibile amarlo, anche se è ancora allo stato embrionale: non parla, non vede, non piange. Ci si può già collegare con lui, lo si può amare, si possono nutrire speranze su di lui e può cambiarci completamente la vita, proprio perchè stabiliamo con lui un rapporto. Non abbiamo bisogno che si manifesti per entrare in contatto con lui, è già presente.
Siamo completamente isolati dagli antenati e dai figli e soffriamo perchè non riusciamo a collegarci con loro. In realtà sono presenti, voi siete nel momento presente e i vostri antenati sono arrivati fino a voi, e ci sono realmente. I vostri figli, anche se avete progettato di averli più avanti nel futuro, sono anche loro qui nel momento presente, ma voi non riuscite a collegarvi con loro. Inoltre nel momento presente c’ è l ambiente di cui facciamo parte, con persone come noi, ma non riusciamo a collegarci neanche con loro. In questo stato di solitudine in cui ci troviamo ci sentiamo tagliati fuori, soffriamo e critichiamo genitori, antenati e ambiente.
Nell’ insegnamento del Buddha impariamo modi per infrangere quella specie di conchiglia che ci separa dal resto. La nostra non è una vera e propria conchiglia, dove noi siamo dentro e gli altri sono fuori, non è così: siamo tutti dentro; in realtà l’ immagine della conchiglia non è propriamente adatta, però una conchiglia c’ è, ed è la nostra ignoranza, la nostra energia dell’ abitudine che ci fa credere di essere un’ entità separata, un sé separato.
”Quanno un giudice punta er dito contro un povero fesso nella mano strigne artre tre dita, che indicano se stesso”
«Se provate a indicare qualcuno tenendo la mano dritta davanti a voi, vi accorgete che un dito è puntato verso l’altra persona ma tre sono rivolte verso di voi: questo può servire a ricordarvi che quando denigriamo gli altri in realtà stiamo solo negando un aspetto di noi stessi.»
Mannarino, cantante (da un antico proverbio indiano)
Accusare
“Accusare gli altri delle proprie disgrazie è conseguenza della nostra ignoranza; accusare se stessi significa cominciare a capire; non accusare né sé, né gli altri, questa è vera saggezza”
Epitteto
Ego secondo Eckhart Tolle
Gran parte del cosiddetto ‘male’ che avviene nella vita delle persone è dovuto all’inconsapevolezza. Si crea da solo, o, meglio, è creato dall’io. Talvolta io chiamo queste cose “dramma”. Quando siamo pienamente consapevoli, il dramma non entra più nella nostra vita. Vorrei rammentare brevemente come opera l’io e come crea il dramma.
L’io è la mente non osservata che gestisce la nostra vita quando non siamo presenti come consapevolezza testimone, come osservatori. L’io si percepisce come frammento separato in un universo ostile, senza alcuna connessione interiore con ogni altro essere, circondato da altri io che considera potenziali minacce o che cercherà di usare per i propri fini. Gli schemi fondamentali dell’io sono creati per combattere la sua radicata paura e il suo senso di mancanza. Si tratta di resistenza, dominio, potere, avidità, difesa, attacco. Alcune delle strategie dell’io sono estremamente abili, eppure non risolvono mai alcuno dei suoi problemi, semplicemente perché l’io stesso è il problema.
Quando gli io si riuniscono insieme, che si tratti di rapporti personali o di organizzazioni o istituzioni, prima o poi accade il “male”: un dramma di qualche genere, sotto forma di conflitti, problemi, lotte di potere, violenza emotiva o fisica, eccetera. Fra questi vi sono mali collettivi come guerre, genocidi e sfruttamenti, tutti dovuti all’inconsapevolezza accumulata. Inoltre molti tipi di malattie sono causati dalla resistenza continua dell’io, che crea restrizioni e blocchi nel flusso di energia attraverso il corpo. Quando ci ricolleghiamo all’Essere e non siamo più gestiti dalla nostra mente, smettiamo di creare queste cose. Non creiamo e non partecipiamo più al dramma.
Quando due o più io si uniscono insieme, ne consegue un dramma di qualche genere. Ma anche chi vive completamente solo crea il proprio dramma. Quando noi ci sentiamo dispiaciuti per noi stessi, questo è dramma. Quando ci sentiamo in colpa o in ansia, questo è dramma. Quando lasciamo che il passato o il futuro oscurino il presente, creiamo il tempo, il tempo psicologico, la sostanza di cui è fatto il dramma. Quando non onoriamo il momento presente consentendogli di essere, creiamo il dramma.
Quasi tutti sono innamorati del proprio dramma di vita particolare. La loro storia è la loro identità. L’io gestisce la loro vita. Vi hanno investito l’intero loro senso del sé. Perfino la loro ricerca (di solito infruttuosa) di una risposta, di una soluzione, o di una guarigione ne diventa parte. Ciò che temono e a cui resistono di più è la fine del loro dramma. Fintanto che SONO la loro mente, ciò che temono e a cui resistono di più è il loro risveglio.
Quando viviamo in completa accettazione di ciò che esiste, questa è la fine di ogni dramma della nostra vita. Nessuno può nemmeno litigare con noi, per quanto ci provi. Non possiamo litigare con una persona pienamente consapevole. Il litigio implica l’identificazione con la mente e una posizione mentale, nonché resistenza e reazione alla posizione dell’altra persona. Il risultato è che le opposte polarità si forniscono energia reciprocamente. Questa è la meccanica dell’inconsapevolezza. Possiamo ancora esprimere la nostra opinione chiaramente e fermamente, ma non vi sarà dietro nessuna forza reattiva, nessuna difesa e nessun attacco. Allora non si trasformerà in dramma. Quando siamo pienamente consapevoli, smettiamo di essere in conflitto. “Nessuno che sia in unione con se stesso può nemmeno concepire un conflitto”: questo si riferisce non soltanto al conflitto con altre persone ma fondamentalmente al conflitto dentro di noi, che viene meno quando non vi è più alcuno scontro fra le esigenze e le aspettative della mente e ciò che esiste.
Eckhart Tolle
𝗦𝘂𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗿𝗶𝘁𝗶𝗰𝗮 – 𝗞𝗿𝗶𝘀𝗵𝗻𝗮𝗺𝘂𝗿𝘁𝗶
𝗗𝗼𝗺𝗮𝗻𝗱𝗮: Che ruolo svolge la critica nella relazione? Qual e’ la differenza tra critica costruttiva e distruttiva?
𝗞𝗿𝗶𝘀𝗵𝗻𝗮𝗺𝘂𝗿𝘁𝗶: Anzitutto, perché critichiamo? E’ per capire? Oppure si tratta semplicemente di farlo per dare noia? Se vi critico, vi comprendo? La comprensione viene attraverso il giudizio? Se intendo comprendere, se voglio capire meno superficialmente, ma in profondita’, l’intero significato del mio rapporto con voi, comincero’ col criticarvi? Oppure saro’ consapevole di questa relazione tra voi e me, osservandola in silenzio: non proiettando le mie opinioni, le mie critiche, i miei giudizi, le mie identificazioni e condanne, ma osservando silenziosamente cio’ che accade? E se non critico, che cosa accade? Si e’ li’ li’ per addormentarsi, non e’ cosi’? Il che non significa che non ci si addormenti quando si da’ noia agli altri. Forse diventa un’abitudine, e ci mettiamo a dormire per abitudine. Esiste un intendimento piu’ profondo, piu’ ampio, della relazione, che abbia luogo attraverso la critica? Non importa se la critica sia costruttiva o distruttiva: senza alcun dubbio cio’ e’ irrilevante. Percio’ la domanda e’: “Qual e’ la condizione mentale, e del cuore, necessaria a capire la relazione?”. Qual e’ il processo del comprendere? In quale modo comprendiamo qualcosa? Come comprendete vostro figlio, se vi interessate di lui? Lo osservate, non e’ cosi’? Lo osservate mentre gioca, lo studiate nei suoi diversi modi, umori; non proiettate su di lui la vostra opinione. Non dite che dovrebbe essere questo o quello. Siete vigili, all’erta, non e’ vero? Siete attivamente consapevoli. Allora, forse, comincerete a capire il bambino. Se lo criticate ininterrottamente, se introducete ininterrottamente la vostra propria particolare personalita’, le vostre idiosincrasie, le vostre opinioni, decidendo il modo in cui il vostro bambino debba o non debba essere, e cosi’ via, ovviamente creerete una barriera in quel rapporto. Sfortunatamente molti di noi criticano per configurare, per interferire; troviamo un certo piacere, un certo compenso nel configurare qualcosa: il rapporto col marito, con un bambino o con chichessia. Vi si avverte un senso di potenza, si e’ il padrone, e cio’ offre una remunerazione straordinaria. Senza dubbio, in tutto questo processo non vi e’ alcuna comprensione del rapporto. Vi e’ pura imposizione, vi e’ la brama di modellare gli altri secondo lo schema particolare della vostra idiosincrasia, del vostro desiderio, della vostra volonta’. Tutto cio’ impedisce la comprensione del rapporto, non vi sembra?
Poi vi e’ l’autocritica. Criticare se stessi, condannare e giustificare se stessi: cio’ comporta la comprensione di se’? Quando comincio a criticare me stesso, non limito forse il processo della comprensione, dell’esplorazione? L’introspezione, che e’ una forma di autocritica, disvela il se’? Che cosa rende possibile il disvelarsi del se’? Essere costantemente analitici, timorosi, critici, certamente non comporta tale disvelarsi. Cio’ che lo comporta in modo che si cominci a comprenderlo e’ la consapevolezza costante di esso, senza alcuna condanna, senza alcuna identificazione. Occorre una certa spontaneita’ non si puo’ stare continuamente ad analizzarlo, a disciplinarlo, a configurarlo. Questa spontaneita’ e’ essenziale per capire. Se non faccio che limitare, controllare, condannare, blocco il movimento del pensiero e del sentimento, non e’ cosi’? Ed e’ nel movimento del pensiero e del sentimento che compiro’ scoperte, non nel puro controllo. Quando si compiono scoperte, e’ importante scoprire anche in qual modo agire. Se agisco secondo un’idea, secondo una certa norma, secondo un certo ideale, allora costringo il se’ entro uno schema particolare. In cio’ non vi e’ alcun intendimento, non vi e’ trascendenza.
Cosi’ potra’ darsi intendimento soltanto quando la mente sara’ sileziosamente consapevole, quando osservera’; il che e’ arduo, perche’ noi ricaviamo piacere dall’essere attivi, inquieti, critici, dal condannare e giustificare. E’ questa la nostra intera struttura; e, attraverso lo schermo delle idee, dei pregiudizi, dei punti di vista, delle esperienze, delle memorie, cerchiamo di capire. E’ possibile liberarci da tutti questi schermi e capire, cosi’ direttamente? Senza dubbio lo facciamo quando il problema e’ assai vivo: non passiamo attraverso tutti quei metodi, lo affrontiamo direttamente. La comprensione della relazione si ha soltanto quando tale processo di autocritica viene compreso e la mente si calma. Se mi ascoltate e cercate di seguire, senza troppo sforzo, quanto tento di comunicarvi, allora esiste una possibilita’ di comprenderci l’un l’altro. Ma se continuerete a criticare senza tregua, introducendo le vostre opinioni, quel che avete imparato dai libri, quello che qualcun altro vi ha detto e cosi’ via, allora voi ed io non ci troveremo in rapporto, perche’ fra noi si frapporra’ quello schermo. Se ambedue ci sforziamo di trovare le soluzioni del problema, che si trovano entro il problema stesso, se ambedue siamo ansiosi di andare al fondo della questione, di scoprirne la verita’, di scoprire che cosa essa e’, allora ci troviamo in relazione. Allora la vostra mente e’ nello stesso tempo vigile e passiva, osserva per scorgere quale sia, in tutto cio’, la verita’. Percio’ la vostra mente deve essere straordinariamente docile, non deve ancorarsi ad alcuna idea o ideale, ad alcun giudizio, ad alcuna opinione che abbiate consolidato attraverso le vostre esperienze particolari. La comprensione giunge, senza dubbio, quando vi e’ quella docile pieghevolezza tipica di una mente che sia passivamente consapevole. Allora essa e’ capace di recepire, allora e’ sensibile. Una mente non e’ sensibile quando e’ gremita di idee, di pregiudizi, di opinioni, di pro o contro.
Per intendere la relazione occorre una consapevolezza passiva, il che non distrugge la relazione. Al contrario, rende il rapporto assai piu’ vitale, assai piu’ significativo. Allora esiste, in quella relazione, una possibilita’ di affermazione reale; vi e’ calore, vi e’ senso di vicinanza, che non e’ puro sentimento o sensazione. Se potremo accostarci cosi’, o trovarci in una consimile relazione con qualsiasi cosa, risolveremo facilmente i nostri problemi: i problemi della proprieta’, del possesso, poiche’ noi siamo cio’ che possediamo. Chi possiede denaro e’ denaro. Chi si identifica con la proprieta’ e’ la proprieta’, o la casa, o il mobilio. Similmente con le idee o con la gente; quando vi e’ possesso, non vi e’ relazione. La maggior parte di noi possiede perche’, se non possiede, non ha altro. Siamo gusci vuoti se non possediamo, se non riempiamo la nostra vita di mobili, di musica, di conoscenza, di questo o di quello. E quel guscio fa un sacco di rumore, e quel rumore lo chiamiamo vivere; e di cio’ siamo soddisfatti. Quando vi e’ rottura, quando cio’ si frantuma, allora vi e’ angoscia, perche’ improvvisamente si scopre come siamo fatti: un guscio vuoto, senza molto significato. Esser consapevoli dell’intero contenuto della relazione e’ azione, e in quell’azione vi e’ una possibilita’ di relazione vera, la possibilita’ di scoprirne la grande profondita’, il grande significato, e di sapere che cos’e’ l’amore.
𝗝𝗶𝗱𝗱𝘂 𝗞𝗿𝗶𝘀𝗵𝗻𝗮𝗺𝘂𝗿𝘁𝗶 (𝘓𝘢 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘢 𝘦𝘥 𝘶𝘭𝘵𝘪𝘮𝘢 𝘭𝘪𝘣𝘦𝘳𝘵𝘢’)
Phap Ban<phapban@gmail.com>
14:24 (1 ora fa)
a me
Se pensi sia più ‘Spirituale’ diventare vegetariano, comprare cibi bio, praticare yoga e meditare, ma poi ti trovi a giudicare coloro che non fanno tutte queste cose, sei caduto in una trappola dell’Ego..
Se pensi sia più ‘Spirituale’ andare in bici o con i mezzi pubblici a lavoro, ma poi ti trovi a giudicare coloro che vanno in macchina, sei caduto in una trappola dell’Ego.
Se pensi sia più ‘Spirituale’ smettere di guardare la Tv perché annulla il cervello, ma poi ti trovi a giudicare coloro che ancora la guardano, sei caduto in una trappola dell’Ego.
Se pensi sia più ‘Spirituale’ evitare di leggere quotidiani e riviste di gossip, ma poi ti trovi a giudicare coloro che li leggono, sei caduto in una trappola dell’Ego.
Se pensi sia più ‘Spirituale’ ascoltare musica classica o i suoni della natura, ma poi ti trovi a giudicare chi ascolta la musica commerciale, sei caduto in una trappola dell’Ego.
Bisogna sempre stare attenti al sentimento della ‘superiorità’. Esso è infatti l’indizio più importante che abbiamo per capire che stiamo incorrendo in una trappola dell’Ego.
L’ego si nasconde abilmente in pensieri nobili come quello di iniziare una dieta vegetariana o usare la bicicletta per poi trasformarsi in senso di superiorità nei confronti di coloro che non seguono lo stesso percorso ‘spirituale’.
Mooji
RispondiInoltra
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a me
Se pensi sia più ‘Spirituale’ diventare vegetariano, comprare cibi bio, praticare yoga e meditare, ma poi ti trovi a giudicare coloro che non fanno tutte queste cose, sei caduto in una trappola dell’Ego..
Se pensi sia più ‘Spirituale’ andare in bici o con i mezzi pubblici a lavoro, ma poi ti trovi a giudicare coloro che vanno in macchina, sei caduto in una trappola dell’Ego.
Se pensi sia più ‘Spirituale’ smettere di guardare la Tv perché annulla il cervello, ma poi ti trovi a giudicare coloro che ancora la guardano, sei caduto in una trappola dell’Ego.
Se pensi sia più ‘Spirituale’ evitare di leggere quotidiani e riviste di gossip, ma poi ti trovi a giudicare coloro che li leggono, sei caduto in una trappola dell’Ego.
Se pensi sia più ‘Spirituale’ ascoltare musica classica o i suoni della natura, ma poi ti trovi a giudicare chi ascolta la musica commerciale, sei caduto in una trappola dell’Ego.
Bisogna sempre stare attenti al sentimento della ‘superiorità’. Esso è infatti l’indizio più importante che abbiamo per capire che stiamo incorrendo in una trappola dell’Ego.
L’ego si nasconde abilmente in pensieri nobili come quello di iniziare una dieta vegetariana o usare la bicicletta per poi trasformarsi in senso di superiorità nei confronti di coloro che non seguono lo stesso percorso ‘spirituale’.
Mooji
Di Simona Paese|2024-02-27T11:47:46+01:002 Marzo 2022|Sentire è già amare|Commenti disabilitati su 7-8 SETTIMANA la critica, il sì alla vita