Dal pensare al sentire.
meditazione/rilassamento 25’ e invito all’emozione 15
“Una nuova fiducia”
dopo una meditazione/esplorazione di 25 minuti, invitiamo l’emozione: senza bisogno di aggiustare o eliminare, scopriamo di poter riposare, respirare nel cuore dell’emozione.
La consapevolezza abbraccia l’emozione.
presentazione della pratica (incontro zoom)
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Come vivere le emozioni forti.
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Come praticare con sensazioni ed emozioni dolorose.
Qui Thay ci offre l’aiuto della psicologia buddista per scoprire come prenderci cura delle sensazioni e emozioni dolorose.
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Qui sotto alcuni brani di Thay che ci guidano nel riconoscere, accogliere ed abbracciare le emozioni forti.
Questo ci sarà possibile proprio grazie a questo prezioso passaggio dal “pensare” al “sentire” che stiamo rendendo possibile abitando con sempre maggior cura e affetto il nostro corpo e le sue sensazioni.
Buona lettura e Buona pratica
CALMARE LE EMOZIONI FORTI
Molti di noi patiscono emozioni forti e dolorose senza saperle gestire. Quando noti di avere in te un sentimento che non è calmo né pacifico, puoi ripeterti: “Inspirando, sono presente al sentimento che provo. Espirando calmo questo sentimento.” Già con questa frase la tua emozione comincia a calmarsi. È importante. L’emozione può essere di disperazione, paura o rabbia; qualunque cosa sia, la consapevolezza del respiro la calmerà.
Quando noti che in te nasce un’emozione forte torna a te stesso e mettiti a praticare il respiro consapevole, per generare l’energia della consapevolezza che ti protegga. Sii presente alla tua emozione, non lasciarti sopraffare da lei. Non cadere vittima delle tue stesse emozioni.
È come quando sta per arrivare una tempesta forte: devi fare tutto il possibile per proteggere la casa in modo che il vento non la danneggi. Le emozioni forti vengono da dentro, dal profondo della coscienza; anche l’energia della consapevolezza proviene dal profondo della coscienza. Così siediti in una posizione stabile, su una sedia con i piedi ben appoggiati a terra oppure su un cuscino a gambe incrociate, oppure sdraiati, e preparati a entrare in contatto con quell’emozione. Per cominciare respirerai in consapevolezza concentrando l’attenzione sull’addome. Perché proprio l’addome? Quando vedi un albero nella tempesta, se concentri l’attenzione sulla cima ne percepisci la vulnerabilità: hai l’impressione che l’albero sia troppo fragile per resistere alla tempesta, perché il vento scuote con violenza i rametti terminali e le foglie. Se invece concentri l’attenzione sul tronco dell’albero ricevi un’impressione diversa: vedi che l’albero è solido e radicato in profondità nel terreno, dunque sai che resisterà alla tempesta.
Anche tu sei un albero, e quell’emozione forte è la tempesta che si avvicina; se non ti prepari a riceverla potrebbe spazzarti via. Prepararsi significa mettersi a respirare in consapevolezza portando giù l’attenzione dal livello del pensiero al livello della pancia, poco al di sotto dell’ombelico. Si chiama “respirazione addominale” o “di pancia”: consiste semplicemente nel concentrare tutta l’attenzione sulla pancia e prendere consapevolezza del suo movimento di espansione e contrazione. La pancia è il tronco del tuo albero; non restare a livello del cervello, è là che i venti di tempesta soffiano più forti. È pericoloso restare al livello del pensiero; scendi ad abbracciare il tronco dell’albero, poco sotto all’ombelico: là sarai al sicuro.
Questa è una pratica semplice ma efficace. Sei consapevole che un’emozione è soltanto un’emozione, è soltanto una piccola parte dell’intero tuo essere: tu non sei solo le tue emozioni, sei molto di più. Un’emozione arriva, resta per un po’ e poi va via, proprio come una tempesta; se ne sei consapevole non temi le tue emozioni. Molti giovani non sanno come gestire le proprie emozioni e stanno malissimo, finendo per convincersi che l’unico modo per mettere fine a quella sofferenza sia uccidersi. Sono tanti i giovani che si suicidano semplicemente perché non sanno gestire le proprie emozioni. Eppure non è difficile. È utile sapere che un’emozione è soltanto un’emozione, che tu sei molto di più delle tue emozioni, le quali arrivano, si fermano per un po’ e poi se ne vanno. Perché morire per un’emozione?
Se concentri l’attenzione sull’addome per quindici o venti minuti e prendi rifugio nella pratica, la tua emozione si riduce; allora ti senti più in pace e sei soddisfatto perché sai che c’è un modo per gestire le tue emozioni, sai che la prossima volta che sorgerà un’emozione potrai fare esattamente la stessa cosa.
Una volta che hai praticato, sviluppando fiducia nella pratica, sarai in grado di aiutare una persona a te vicina quando sarà travolta da un’emozione forte. Potrai dirle: “Vieni a sederti accanto a me, prendimi per mano. Pratichiamo la consapevolezza del respiro e prestiamo attenzione all’addome che si alza e si abbassa.” Tenendole la mano puoi trasmetterle la tua forza e la tua fiducia. Respirerete insieme in consapevolezza, tutti e due; quindici o venti minuti dopo quella persona si sentirà bene. In futuro potrà farlo da sola. Insegnare a una persona amica a praticare in questo modo potrebbe perfino salvarle la vita, un giorno.
Ti consiglio di non aspettare che arrivi un’emozione forte, per cominciare la pratica: di certo dimenticherai di farla. Imparala ora, subito; pratica un quarto d’ora al giorno. Siediti o sdraiati in una posizione stabile e pratica la consapevolezza del respiro. goditi l’inspirazione e l’espirazione, concentrando l’attenzione sull’addome. La respirazione di pancia può essere molto profonda, molto lenta e di grandi risultati. Se continui a farla per tre settimane svilupperai la pratica giusta; allora quando sorgerà in te un’emozione forte ti ricorderai della pratica e riuscirai bene ad alleviare quell’emozione. Ogni volta che lo farai, l’emozione perderà un po’ del suo potere su di te. Non la devi combattere, limitati a permettere all’energia della consapevolezza di abbracciarla: l’emozione si indebolirà e tornerà nel profondo della tua coscienza.Thich Nhat Hanh
Guardare in profondità
Il secondo aspetto della meditazione è il “guardare in profondità”. Poniamo il caso che qualcuno abbia detto o fatto qualcosa che ci ha fatto soffrire, o ci ha mandato su tutte le furie. Una volta che siamo riusciti a fermarci, a calmare le nostre emozioni e abbiamo ottenuto un certo distacco dalla situazione, possiamo iniziare a guardare in profondità per vedere cosa sia veramente successo. Perché questo tipo di meditazione abbia successo dobbiamo avere il profondo desiderio di capire e dobbiamo trasformare la nostra difficoltà nell’oggetto della nostra meditazione. Se la nostra intenzione è quella di punire la persona che ci ha fatto soffrire o di vendicarci, sicuramente la nostra meditazione non avrà successo. Lentamente, mantenendo la nostra consapevolezza del respiro, possiamo riesumare l’episodio che ci ha tanto disturbato e cercare di analizzare ogni dettaglio con uno sguardo imparziale. Dobbiamo essere in grado di vedere che da parte nostra abbiamo contribuito a creare questo malinteso e riconoscere la nostra responsabilità. Dobbiamo riconoscere che l’altra persona ci ha fatto soffrire perché lei stessa sta soffrendo enormemente ed ha bisogno di aiuto. Se abbiamo successo nel vedere la sofferenza dell’altra persona come la nostra propria sofferenza non saremo più animati dalla voglia di punire o di vendicarci. A quel punto vorremo solamente capire le radici della sofferenza nell’altra persona per poterla aiutare. Il Buddha ha insegnato che la maggior parte dei nostri sentimenti dolorosi sono causati da percezioni erronee. Crediamo che l’altra persona ci voglia fare del male, ma in realtà questa non è che un’idea basata su una percezione distorta della realtà. Quando osserviamo in profondità abbiamo l’occasione di recidere queste percezioni erronee e con queste le radici della sofferenza dentro di noi.
Guardare in profondità è una capacità che con il tempo diventerà sempre più efficace e accurata. Possiamo utilizzare questa capacità per fare luce sul nostro corpo e sulla nostra mente e per scoprire che in realtà non siamo entità separate dal resto del cosmo. Per coltivare una comprensione così profonda saranno necessari alcuni anni di pratica, ma ognuno può riuscire. Se lo vogliamo veramente prima o poi riusciremo a capire la nostra mente. La comprensione è una capacità che ognuno di noi possiede e tutto ciò che dobbiamo fare è assicurarci di innaffiare questo seme in modo che diventi un albero solido e profondamente radicato nella nostra coscienza. Possiamo aiutare la nostra pratica a solidificarsi utilizzando delle “meditazioni guidate” che stimolino il nostro interesse e la nostra attenzione. Se non siamo interessati all’oggetto che stiamo contemplando sarà molto difficile trovare la concentrazione necessaria per meditare con successo. Ogni volta che ci sediamo sul nostro cuscino dovremmo sentirci felici di poterci sedere e praticare in questo modo. Meditare è come coltivare il suolo della nostra coscienza per poter permettere ai semi migliori di manifestarsi e di crescere. Un buon giardiniere non ha fretta di vedere i fiori manifestarsi. Mentre prepara il suolo, mentre semina ed innaffia può già entrare in contatto con i fiori e gioire anche se non è ancora primavera. Se piantiamo delle rose cresceranno delle rose; allo stesso modo se piantiamo semi di pace, amore e compassione nella nostra mente prima o poi raccoglieremo pace, amore e compassione. Tutto quello che dobbiamo fare è assicurarci che questi semi non muoiano e che ricevano il giusto nutrimento. Se possiamo sederci in meditazione per molte ore ma non siamo felici e a nostro agio, forse stiamo solo innaffiando semi di orgoglio e fierezza. Ma se siamo in grado di sederci anche solo dieci o venti minuti, coltivando la felicità e la gioia, raccoglieremo i frutti durante tutta la nostra giornata.
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“CORAGGIO”
Ecco l’obiettivo che ci siamo dati quest’anno.
Quando si manifesta il “blocco di sofferenza”, come lo chiama Thay o il “corpo di dolore”, come lo chiama E.Tolle, ad esempio quando una persona a cui voglio bene dice o fa qualcosa che mi ferisce, quella che si manifesta è una sofferenza del passato e a causa della sua intensità occupa completamente lo spazio della coscienza.
Ha una grande forza emotiva e quindi genera una quantità di pensieri.
I contenuti di questo stato emotivo sono frasi, pensieri; c’è un sentire che avverto solamente come un’eco, un dolore che è anche fisico. È nel corpo, ma io ora non sono assolutamente nel corpo, sono completamente rapito dalla storia. Allora, ci sono due possibilità.
Una volta emerso il corpo di dolore, emerso questo dolore profondo, antico, che ha una sua realtà sia di sensazioni fisiche che di pensieri, ho due possibilità:
Diventare il bambino ferito
La prima è quella di diventare il bambino ferito, la bambina ferita e quindi abdico completamente all’emozione, credo ai pensieri di lesa maestà, di vendetta. Ci sono spiegazioni: …non è giusto… non hai capito… sono una vittima… non è giusto…; cerco di convincere altri delle mie ragioni in modo che mi sostengano, e abbraccino la mia versione della storia.
Ho due possibilità, dicevamo: La prima è quella di credere completamente alla storia lasciandomi sommergere dai pensieri, cioè diventare quella bambina ferita che ha bisogno di vendetta o di spiegazioni o di consolazioni. Cosa accade quando la storia è creduta? Ci sono alcune opzioni, poche, ma sono quelle che ci caratterizzano come personalità rispetto al nostro passato, cioè l’atteggiamento che è stato premiato nel passato, o almeno così noi crediamo.
A questo comportamento è stata data una certa risposta dai genitori rinforzata poi dalle diverse relazioni del passato.
L’atteggiamento della bambina è sempre comunque distruttivo: può andare dal fare il muso (non ho bisogno di te), oppure può essere verbalmente o fisicamente aggressivo, anche il semplice cercare una seconda persona che sia d’accordo con noi nel condividere un giudizio negativo sulla persona che ci ha causato il dolore.
Questo aspetto è un punto importante della nostra esplorazione cioè lo scoprire quale sia la nostra strategia, quale sia il nostro comportamento nel momento in cui si manifesta questo blocco di sofferenza, cioè questa memoria emotiva che è stata evocata da un accadimento (o anche da un ricordo).
Un Abbraccio
Ora, a cosa siamo invitati? Quale è la seconda possibilità, la novità alla quale ci invita Thay quando si manifestano emozioni che sono distruttive, negative, dolorose ? E’ quella di portare un genitore a fianco della bambina, del bambino ferito, cioè una presenza che Thay chiama Consapevolezza.
Il fiore della consapevolezza abbraccia il fiore dell’emozione negativa, dolorante, che si è manifestata. L’immagine di Thay è molto bella: il fiore della rabbia, dell’amarezza o della disperazione una volta innaffiato da un’azione, una parola o semplicemente un ricordo, emerge nella coscienza. L’invito è quello di lasciar nascere accanto al dolore il fiore della Presenza, il fiore della Consapevolezza che abbraccia con affetto il dolore. Questa presenza affettuosa non esclude nulla, non ha intenzione di eliminare il dolore ma lo abbraccia teneramente, ed è proprio il calore di questa presenza che a poco a poco inizia a prendersi cura, a sciogliere la sofferenza…
Come prenderci cura del bambino ferito al quale non abbiamo mai offerto questa cura, questo affetto?
Tre Respiri
L’emozione è composta da pensieri, frasi, che nascono e che si susseguono l’una all’altra, unitamente a sensazioni fisiche dolorose.
Ora, l’invito dei maestri e di tutte le persone di buon senso è quello di non credere a queste frasi, a questi pensieri, interrompere questa catena, una volta che ci rendiamo conto – e bisogna rendersene conto- che ci siamo dentro, completamente invischiati, completamente creduli, … ma come?
Spostandoci dal pensare al sentire, restando nel lato fisico, nella sensazione pura, nuda, della emozione che stiamo vivendo. Questo spostamento non è certo facile ma abbiamo un grande aiuto: il respiro.
Anche solo tre piccoli, semplici respiri.
Naturalmente andare alle sensazioni, in un momento come questo, è particolarmente coraggioso. Perché è così difficile spostarsi dal pensare al sentire?
Perché le sensazioni in questo momento sono particolarmente intense, dolorose. E proprio per questo è bene scoprire questa possibilità di spostarsi dai pensieri alle sensazioni, quando le sensazioni non sono dolorose o particolarmente dolorose.
Abbiamo bisogno di allenarci. Spostarsi dal pensare al sentire quando siamo nel cuore dell’emozione è il coraggio più grande: sono nel pieno della ferita, qualcuno mi ha detto, mi ha fatto qualcosa, qualcuno che amavo, qualcuno che reputo degno, che per me ha un valore e questo mi ha ferito, ha toccato qualcosa di profondo. Si manifesta il corpo di dolore, l’intero blocco della sofferenza emerge.
Allora tre respiri, anche solo tre respiri, nel pieno di questo uragano emotivo, sono un atto di coraggio immenso; è come una boccata d’aria quando una persona sta annegando. È sott’acqua sopraffatta dalle onde e improvvisamente riesce a riemergere, solo per un istante prima che le onde lo ricaccino giù. Per un istante riemerge e ha la possibilità di tirare una boccata d’aria. È la differenza tra la vita e la morte. Questi piccoli tre respiri ci restituiscono per un istante la libertà, la spaziosità perduta.
Spazio è libertà
Ecco, la percezione dello spazio intorno alla stato emotivo, alla emozione dolorosa, mi restituisce una grande libertà. Mi fa percepire e al tempo stesso mi ricorda l’esistenza di questa spaziosità, che io avevo completamente dimenticato.
Tre respiri – e forse solo l’ultimo dei tre respiri è un vero respiro- mi restituiscono il sentire, il mondo delle sensazioni. Ora non sono più solamente un bambino ferito, una bambina ferita – mi viene restituita, insieme a questa spaziosità, una libertà immensa.
Questa libertà mi permette di guardare… Non sono più cieco nell’emozione, ma mi viene regalato un piccolo spazio intorno all’emozione.
Questo piccolo spazio è fondamentale, è già libertà. Anche se mi costa molto: mi costa il non prendermi sul serio, il non prendere sul serio il dramma a cui in questo istante credo completamente. Mi restituisce quella spaziosità grazie alla quale posso guardare. Posso riconoscere frasi come: non è giusto…lui deve capire …sono una vittima …lui è cattivo… ha un caratteraccio… La mente continua a girare in tondo cercando di aggiustare, di risolvere la situazione creduta causa della sofferenza.
Cercando in questo alleati e quindi piani quinquennali di rivalsa, il non rispondere al telefono quando una persona chiama per scusarsi: “no, non ho bisogno di te”…
Un appuntamento.
Quindi una cosa che noi faremo è quello di darci un appuntamento a quel momento. Cioè al momento in cui il corpo di dolore, la ferita si manifesterà, ed io mi ci ritroverò completamente dentro, completamente credulo al dramma, alla storia, al teatro: …non è giusto, lei, lui, loro…
In quell’istante io ricordo, ricordo perché mi sono dato un appuntamento ed ho delle istruzioni precise. Nel cuore dell’uragano io trovo la pace grazie a tre respiri. Questi tre piccoli respiri mi ricordano, mi accompagnano in quel luogo silenzioso nel cuore dell’uragano.
Tre respiri.
Anche se solo per un attimo, lì mi ristoro, lì ritrovo quello spazio e quello spazio poi si coltiverà da solo nutrito dal piacere stesso di ritornare a Casa.
Un piccolo oggetto che ci aiuti a ricordare
Ci vuole molto coraggio, creatività. Ci sarà di grande aiuto un reminder, un oggetto che abbiamo a portata di mano, una immagine, una calligrafia, per ricordare.
Tra le tante immagini, quella di Thay, il fiore della consapevolezza che abbraccia il fiore della emozione dolorosa che si è manifestata nella coscienza.
È molto importante per poter ricordare questo appuntamento, avere un oggetto nella tasca che ha questa funzione, avere una immagine appesa al muro sempre visibile. Sono elementi fondamentali, perché è tale la potenza emotiva di quel momento, che potremmo non riconoscerlo.
Ci sono due punti importanti:
- Non rifiutare la sofferenza ma abbracciarla con affetto
Il primo è che noi non stiamo negando la sofferenza, non la stiamo rifiutando o reprimendo, ma ce ne prendiamo buona cura. La sofferenza non è più sola ma viene ora abbracciata dal calore della Presenza; è proprio come se un bambino perduto, colpito o ferito venisse abbracciato da una mamma, da un genitore affettuoso, che si prende buona cura di lui, che lo prende tra le braccia con tenerezza nel momento del bisogno. Il bambino non è più solo e questa consapevolezza è calore, è affetto. È già guarigione.
- Spegnere l’incendio
Il secondo punto, molto importante, è che a noi non interessa se la persona o la situazione che ha detto, fatto quella cosa che ci ha feriti, che ha fatto emergere il dolore – un dolore che comunque è un dolore del passato, che si manifesta ora e che si alimenta , si alimenta del nostro nutrimento, del nutrimento che gli diamo e che perde la sua forza solo quando lo possiamo abbracciare con la consapevolezza – ecco questa persona, la persona a cui noi attribuiamo ogni colpa ogni responsabilità, che vogliamo eliminare, punire, far soffrire (ad esempio attribuendole la colpa del nostro dolore, non rispondendo, non dando spiegazioni, oppure alleandoci con altri quando non ci sentiamo di esprimere direttamente) Questa persona non ci interessa nella maniera più assoluta; in questo momento lasciamo cadere ogni disquisizione sul fatto che sia veramente una persona cattiva, che ci sia stata volontà nel suo gesto o nelle sue parole.
Il suo carattere, la motivazione delle sua azioni e delle sue parole non ci interessa minimamente perché il dolore che è emerso è nostro e ce ne vogliamo prendere pienamente cura. Poi, in un secondo momento, se sarà il caso, se sarà necessario, naturalmente potremo spiegarci, chiedere, ma in questo istante sono proprio le argomentazioni mente a creare e reiterare il dolore. Pertanto noi le posiamo e ci prendiamo buona cura di questa bambina, di questo bambino. Thay fa un esempio che è riportato in un sutra: se qualcuno ha dato fuoco alla casa o se pensiamo che sia stata proprio quella persona che sta passando, non ci mettiamo ad insultarla, a rincorrerla, a tirarle delle pietre, ma ci prendiamo invece cura di spegnere il fuoco, perché la nostra casa è in fiamme.
Buona fortuna, buona avventura, tanta creatività e coraggio!
L’invito a risvegliarsi nel cuore dell’emozione dolorosa: ‘Coraggio’
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2022 Il respiro si prende cura dell’emozione dolorosa.
meditazione, rilassamentoe presentazione del percorso. (Zoom)
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Meditazione breve. Riposo. Il cielo e le storie
Rilassamento: Spegnere l’incendio del cuore
Meditazione d’amore 13 minuti
Respirare con la pancia per prendersi cura delle emozioni forti
Un metodo semplice per prendersi cura delle emozioni forti è la respirazione “di pancia”: respirare in consapevolezza con l’addome. Quando ci prende un’emozione forte come la paura o la rabbia, dovremmo portare l’attenzione giù all’addome: in momenti come quelli restare a livello dell’intelletto è pericoloso. Le emozioni forti sono come una tempesta, non è saggio rimanere all’aperto durante una tempesta; eppure la nostra reazione abituale è restare “nella testa” e lasciare che i sentimenti ci travolgano. Dovremmo invece radicarci nel respiro, concentrandoci sul movimento della pancia che si espande e si contrae, portare l’attenzione al centro di noi stessi. Concentrandoci sulla pancia e praticando il respiro consapevole, prestiamo tutta l’attenzione al suo alzarsi e abbassarsi; possiamo farlo sia da seduti che da sdraiati. È utile anche mettere una borsa dell’acqua calda sulla pancia: sentendo il calore della borsa, ci riesce facile portare delicatamente la consapevolezza al nostro centro stabile e questo ci consente di calmarci.
Una notte stavo male e non riuscivo a dormire, allora portai alla mente l’immagine di tre alberi di cedro vicini al mio eremo. Abbracciai con il respiro consapevole quei tre alberi splendidi e robusti; sentivo penetrare in me la loro freschezza e stabilità e fui in grado superare quel sentimento di dolore.
Guarda un albero durante una bufera: la cima dell’albero ti appare instabile e vulnerabile, il vento può spezzare i rami più sottili in ogni momento. Se abbassi lo sguardo, però, e guardi il tronco vedi qualcosa di molto diverso: in quel punto l’albero è solido e resiste alla bufera. Noi siamo come un albero: quando siamo turbati, la nostra testa è la cima dell’albero che viene scossa di qua e di là dalla tempesta; in quel caso dobbiamo portare giù l’attenzione al livello del nostro tronco solido, al livello dell’ombelico.
Esercizio per la respirazione “di pancia”
Quando ci concentriamo su questa zona e cominciamo a respirare in consapevolezza riusciamo a calmarci. Ci concentriamo soltanto sul respiro, sulla pancia che si alza e s’abbassa, nient’altro.
Inspirando, porto tutta l’attenzione giù alla pancia. Espirando, porto tutta l’attenzione alla pancia… Pancia, pancia.
Inspirando, mi tengo al livello della pancia. Espirando, rimango al livello della pancia… Livello della pancia, rimango.
Inspirando, sono consapevole solo del sollevarsi della pancia. Espirando, sono consapevole solo dell’abbassarsi della pancia… Pancia che si solleva, pancia che si abbassa.
Ispirando, sono consapevole che la mia inspirazione è veloce (o superficiale o irregolare). Espirando, sono consapevole che la mia espirazione è veloce (o superficiale o irregolare)… Dentro veloce (o altro), fuori veloce (o altro).
Inspirando, sono consapevole che la mia inspirazione si sta calmando. Espirando, sono consapevole che la mia espirazione sta diventando più lenta… Più calma, più lenta.
Inspirando, sono consapevole che la rabbia (o la disperazione o la paura) si sta riducendo. Espirando, sono consapevole che la rabbia (o la disperazione o la paura) si sta riducendo… Emozione forte, si sta riducendo.
Inspirando, sono consapevole che la rabbia (o la disperazione o la paura) mi è passata. Espirando, sono consapevole che la rabbia (o la disperazione o la paura) mi è passata… Rabbia (o altro), passata.
Inspirando, sono consapevole della mia stabilità. Espirando, sorrido alla mia stabilità… Stabilità, sorrido.
Puoi condividere questa pratica con le persone care. Ricorda loro che un’emozione è soltanto un’emozione: arriva, rimane per un po’ di tempo e poi se ne va. Perché farsi del male o farne ad altri soltanto per un’emozione transitoria? Tu sei più delle tue emozioni. È importante che te lo ricordi. Durante una crisi, ricordati di ricorrere immediatamente al respiro consapevole. Ricorda a te stesso che la tua emozione dolorosa passerà; mantieni questa consapevolezza mentre respiri e tieni salda l’attenzione sul respiro finché l’emozione non passa. Dopo un po’ di volte che sarai riuscito a calmarti con la respirazione addominale avrai più fiducia in te stesso e nella pratica.
Si tratta di una pratica particolarmente importante da imparare e da padroneggiare per chi è genitore, perché lo metterà in grado di aiutare i figli quando saranno in preda a un’emozione forte. Puoi dire: «Caro, tienimi per mano. Non lasciamoci intrappolare nei nostri pensieri e sentimenti. Portiamo l’attenzione giù alla pancia e respiriamo: dentro, fuori. Non aver paura, la tempesta passerà.» Puoi anche insegnare a tuo figlio a praticare la respirazione di pancia insieme a te. Dargli questo tipo di formazione in seguito forse lo metterà perfino in grado di salvarsi la vita: da adolescente e da adulto sarà ben equipaggiato, sarà capace di prendersi cura delle proprie emozioni forti e di trovare da sé la rotta per uscire dalle situazioni difficili.
(da: Thich Nhat Hanh, L’unica nostra arma è la pace, cap. 2 pp. 46-57
Per accompagnarci nel risveglio nel cuore dell’emozione dolorosa riproponiamo una breve meditazione sulla Pratica dei tre respiri e le ispiranti parole di Thay su questa pratica semplice e profonda.
(per chi vuole approfondire, altro materiale sulla pratica dei tre respiri può essere trovato nella presentazione del percorso)
La pratica dei tre respiri che Thay descrive ( qui sotto)
E’ semplicissima: ogni volta che usciamo dal turbinio di pensieri, preoccupazioni, progetti che ci accompagna durante tutto il giorno, ogni volta che ci risvegliamo alla vita, ci permettiamo di prendere tre respiri.
Ci fermiamo mentre accadono Tre Respiri.
Può esserci utile chiudere gli occhi per passare più agevolmente dal Pensare al Sentire.
Un altro aiuto può essere l’accompagnare con un movimento l’inspirazione e con un movimento l’espirazione durante i tre respiri.
La pratica dei Tre Respiri ( di Thich Nhat Hanh)
La consapevolezza è il tipo di energia che ci aiuta a riconoscere e ad apprezzare le cose che ci circondano. Molto spesso nelle nostre vite siamo così assorti nelle nostre preoccupazioni e nelle nostre difficoltà, che non ci accorgiamo nemmeno che la primavera sta arrivando e che gli alberi fioriscono sulla strada che percorriamo ogni giorno. La consapevolezza è la pratica della meditazione nella nostra vita quotidiana. Quando ci accorgiamo che la nostra mente divaga e che abbiamo perso il contatto con il nostro corpo e con il momento presente possiamo semplicemente arrestarci per qualche istante e fare tre respirazioni con calma e agio.
Fermarsi è il primo passo per tornare ad essere felici. Mentre respiriamo in consapevolezza possiamo guardarci attorno e se pratichiamo correttamente scopriremo che nel momento presente ci sono tutte le condizioni necessarie perché noi possiamo essere felici. Forse i nostri colleghi, insegnanti, genitori o amici sono stati sgarbati con noi e ci hanno fatto soffrire, o forse la nostra vita troppo occupata non ci lascia lo spazio per fermarci, ma i fiori e gli alberi sulla strada che percorriamo ogni giorno continuano ad offrirci la loro freschezza. L’unica cosa che può privarci della gioia di poter apprezzare gli alberi e i fiori è la nostra mente.
Tre respiri sono sufficienti per ritornare a noi stessi e riconoscere che sia dentro che fuori di noi ci sono innumerevoli condizioni per poter essere felici. Il sole continua a brillare sopra le nostre teste! Se il sole non fosse più in cielo ogni persona sulla terra soffrirebbe molto, eppure non ci capita spesso di fermarci qualche istante per apprezzare il calore dei suoi raggi che ci accarezzano il viso.
Se abbiamo il desiderio di migliorare la nostra vita e di vivere felici possiamo riprometterci , ad esempio, di fermarci a respirare per qualche istante ogni volta che stiamo per salire in macchina. Questo è il primo passo e de siamo in grado di fare questo il secondo passo accadrà in modo naturale. Possiamo scrivere su un piccolo foglietto di carta la parola “Respira!” e possiamo mettere questo foglietto nella tasca della nostra giacca. Durante la nostra giornata, ogni volta che metteremo la mano in tasca, ci ricorderemo di ritornare a noi stessi e tranquillamente possiamo riprendere a seguire il respiro. Se siamo in grado di addestrarci in questo modo piano piano potremo vedere dei cambiamenti nella nostra vita quotidiana. Quando l’energia della consapevolezza ci accompagna diventiamo più stabili, rilassati, e non rischiamo di lasciarci trasportare da emozioni negative come la rabbia, la frustrazione o lo stress. In momenti difficili riusciremo a ritornare a noi stessi e ad apprezzare le meraviglie della vita che ci circondano, e piano piano riusciremo a vedere il modo migliore per superare ogni ostacolo. Man mano che l’energia della consapevolezza entra a far parte delle nostre vite diventiamo più felici e più sereni e le persone che ci vivono accanto trarranno grandi benefici dalla nostra freschezza.
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